Consigli per un veglione senza errori: Niente giovanilismi e alle due tutti a casa
Bob ton e dintorni. Mai rifiutare un assaggio di zampone, anche se si è vegetariani
Finché si va a casa di amici, per una serata prevedibile ma rassicurante, non ci sono problemi. Se l'invito è invece meno usuale, con scarsa conoscenza reciproca, scatta la complicanza. Sarà una casa dove è di rigore la discrezione assoluta o a un certo punto si fa il trenino? «Bisogna far funzionare le antenne, capire con chi si ha a che fare, non prendere rischi inutili e stare attenti a non fare errori marchiani. Così tutto filerà liscio». Parola di Beppe Modenese, l'uomo che ha inventato negli anni 70 le sfilate di moda a Milano, ma anche bon vivant che ha attraversato svariati, non ama dire quanti, capodanni a diverse latitudini e con le più diverse compagnie. Qualche esempio?
«Ne ricordo uno sulla spiaggia di Rio durante una stupenda festa popolare e altri nella casa veneziana di Evelina Shapira a brindare con i principi di Kent o nella residenza romana di Irene Galitzine, accanto a quel fenomenale parlatore dell'avvocato Agnelli».
Con Modenese, famoso pure per le camicie a righe e le calze rosso cardinale (le compra nei negozi fornitori del Vaticano), non si può che cominciare dall'abbigliamento, soprattutto se l'invito per Capodanno non dà indicazioni. Sdrammatizzante-giovanilistico o da alta serata di gala? «Tenersi nel mezzo è sempre saggio. Per lui un vestito scuro, camicia bianca o azzurra, cravatta. Per lei abito elegante ma semplice, impreziosito da collana e orecchini. Esagerare con gioielli o bigiotteria è di pessimo gusto. Gli uomini? Basta l'orologio e magari i gemelli ai polsi. Braccialetti? No, per carità».
Sistemato il guardaroba, bisogna pensare alla conversazione: liscia, gasata o bagatelle? Partiamo da due certezze pericolose: parlare di politica, foriera in questi tempi di tensioni resistenti perfino allo stappo di champagne e propinare barzellette: due voci spesso concatenate, come sappiamo. «Per il resto, stare un po' sul generico, sorridendo. Mai fare nomi, nè formulare giudizi sugli invitati o sfoggiare troppi riferimenti culturali: il miglior modo per non sbagliare la serata. Altro errore è esagerare con domande esplicite o fatti troppo personali».
C'è una serata di Capodanno in cui a un certo punto non compaiano zampone e lenticchie? Difficile. Se non sopportate il maiale e maldigerite le lenticchie peggio per voi. Non è l'occasione per fare i delicati o gli schifiltosi: la padrona di casa resterebbe profondamente delusa. Ed è banale addurre scuse di una più o meno vera militanza vegetariana. «Basta un assaggio, mica c'è bisogno di abbuffarsi. Magari si può compensare l'equilibrio perso abbondando con l'uva, che non può mancare mai nell'ultima cena dell'anno».
A proposito di tradizione, c'è un altro classico praticato, quello di indossare un capo d'abbigliamento nuovo, tanto meglio se rosso. Non è quindi una buona idea sparare qualche tirata anti-consumistica irridendo i seguaci di questa filosofia. «Anche perché tutti sappiamo che spesso il nuovo sta nell'abbigliamento intimo-sexy delle signore. Dunque un campo dove la gaffe può provocare danni seri anche se non dichiarati».
A prescindere da che cosa prevalga in simili serate, divertimento, noia o più probabilmente la fatica immane di evitare sguardi severi, a un certo punto bisognerà affrontare il problema del commiato. Svignarsela con sollievo a mezzanotte e un quarto o tenere botta fino al brindisi delle quattro di mattina? «Buona regola è congedarsi al massimo alle due, anche se i ritmi restano vivaci. I padroni provano sempre a trattenere ma non si sa se per convinzione o gentilezza. L'ultimo atto? Un mazzo di fiori o un altro pensiero alla padrona di casa qualche giorno dopo, con parole di ringraziamento». Dopo di che, per un altro anno siamo finalmente a posto.
Gian Luigi Paracchini (corriere.it)
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